mercoledì 31 marzo 2010

strada della ceramica a Sesto?

Vista l'importanza della comunicazione penso che "girare" questo comunicato stampa del Comune di Sesto Fiorentino sia quantomeno doveroso ed interessante per i lettori del blog:
AVVIATO IL PERCORSO ISTITUTIVO DELLA “STRADA DELLA CERAMICA” DI SESTO FIORENTINO
Il settore appare per la prima volta in crescita dopo tanti anni

In arrivo finanziamenti regionali per la promozione della ceramica di qualità prodotta dalle aziende di Sesto Fiorentino. Il Consiglio comunale ha approvato, nella seduta di ieri, la delibera costitutiva del comitato promotore della “Strada della ceramica” sestese che è incaricato di dar vita al percorso di valorizzazione del prodotto tipico cittadino attraverso il sostegno di manifestazioni, strutture museali e iniziative promozionali. Un settore che ad oggi vede impiegati quasi 600 addetti e risulta in crescita dopo tanti anni, come dimostrano le tre nuove aziende di produzione di ceramica nate negli ultimi mesi. Il comitato promotore - composto dagli assessori di Sesto, Campi Bisenzio e Calenzano (la ceramica sestese doc ha allargato i propri confini oltre il territorio comunale), dai rappresentanti delle attività economiche e dai componenti del comitato disciplinare – si trasformerà entro giugno in un vero e proprio comitato di gestione che potrà richiedere i contributi regionali per la creazione e la manutenzione della segnaletica stradale, per realizzare e diffondere il materiale informativo, per il sostegno al coordinamento e all’integrazione delle strade. Ammontano a 250mila euro annui i finanziamenti che la Regione Toscana stanzierà sulla base della legge del 2008 che ha costituito le “strade della ceramica, della terracotta e del gesso in Toscana”.
La ceramica di Sesto Fiorentino, al pari di quella di Montelupo, è dotata di un proprio disciplinare di produzione in vigore dal 2001, con relativo marchio di approvazione ministeriale.

lunedì 29 marzo 2010

ricordi sull'acquedotto romano

Oggi l'acquedotto romano è visibile, come abbiamo detto, alla sua partenza alla Chiusa, uno speco lo si vede affacciandosi alla spalletta del Rimaggio a Colonnata, in prossimità del Cimitero Maggiore, ecc. ecc., ma fino a qualche anno fa, visto che in pochi erano a conoscenza della sua esistenza, la sua scoperta era fatta prevalentemente dai contadini intenti a dissodare i campi. E il suo mistero era tale che quando veniva scoperto era chiamato il "sentiero del diavolo", nomignolo affibbiato per la sua forma assolutamente diritta e delimitata da due "pareti" di calcestruzzo perfettamente parallele. Perfino il suo passaggio attraverso la Villa Solaria è curioso: con il radiosonar, ci racconta lo storico locale Marco Giachetti, hanno scoperto che la sua percorrenza è esattamente al centro di una lunga fila di alberi. Evidentemente sono stati piantati in quel modo visto che dissodare il punto dove passava l'acquedotto era praticamente impossibile. Anche il Villoresi ricorda qualcuno di questi "avvistamenti": "In località chiamata il "Marcello", nel popolo di Querceto, come descrive il Manni e prima di lui il Borghini, si sono trovate spesso tracce di questo acquedotto, a cm. 75 nel podere "il prato della Tosa" ed a meno di un metro "a Corte" appezzamento del podere "Camporella"". Ecco quello che dice il nomitato Manni: "altro avanzo ne trovai in luogo detto la Madonna dei Logi in un campo appartenente alla famiglia Ughi. Poscia sulla strada che passa allato dei campi di appartenenza della famiglia Flamini d'Imola (onde fu il rinomato Marco Antonio Flaminio) vidi a fior di terra scoperto gran parte del condotto che, essendo stato precedentemente votato di tartaro, che vi avea, e della terra, trovatolo e di figura ovale, anziché tonda potetti misurare essere il voto di esso, soldi 17 di braccio fiorentino per l'altezza e soldi 14 di lunghezza, di tutto calcestruzzo gettato".

mercoledì 24 marzo 2010

Si farà il libro sul blog e ancora sull'acquedotto romano

Davvero una grossa soddisfazione per me stasera: reduce da un incontro con le "alte sfere" della Nuova Toscana Editrice me ne sono tornato a casa con una lieta novella. Non appena sarò riuscito a finire "Il cammino di Pinocchio" sul blog, e lo avrò racccolto in una forma "leggibile", infatti, la casa editrice si preoccuperà di darlo alle stampe, dando così una vera e propria guida, uno strumento indispndabile, per chi vorrà intraprendere il percorso "per i fati suoi", ma non per questo "godendoselo" meno. Credo proprio che il modo migliore per festeggiare l'evento sia quello di dare ancora delle informazioni sull'acquedotto romano. Concordo pinamente con le teorie dell'Architetto Chiostri anche per quanto rigurda la fondazione dell'importante opera romana. In particolare ci sembra ineccepibile che visto che Florentia ha avuto un solo acquedotto romano, questo giocoforza deve essere stato costruito in un momento coincidente con la massima espansione della colonia romana. Infatti certamente fino agli inizi del I secolo d.C. appare evidente, che date, le dimensioni, per numero di abitanti, della colonia fossero più che sufficienti i numerosi pozzi di cui era costellata la città e di cui ancor oggi troviamo testimonianze. Il periodo a cui, quindi, a cui pare logico fare riferimento potrebbe quindi essere quello della fine del I secolo-inizi del II, esattamente nel periodo in cui furono completati anche gli impanti termali dell'attuale piazza Signoria e di via delle Terme, che ovviamente poterono vedere la luce solo grazie alle nuove portate d'acqua che solo l'acquedotto poteva garantire. Tra l'altro l'imperatore romano Adriano, che fu il primo a potenziare la colonia "Florentia", che regnò proprio in quel periodo storico, fu sempre un grande propugnatore di opere pubbliche, propugnate in tutto l'impero, a sua gloria imperitura. Certo è probabile che già Claudio, che regnò nella metà del I secolo, grande costruttore di acquedotti, abbia già proposta l'idea, così come magari Traiano, successore di Adriano, anche lui famoso per i suoi acquedotti, potrebbe aver certo sostenuto e magari terminata l'iniziativa, che di certo ha avuto bisogno di molti anni per vedere la fine, vista la sua complessità. Infine appare evidente che la struttura dell'acquedtto, soprattutto nei disegni, che ci sono rimasti della sua parte sopraelevata, sia molto simile proprio ad analoghi acquedotti costruiti proprio nel periodo in questione. Non c'è che dire: se veramente fosse così l'appellativo che da sempre i fiorentini hanno attribuito aa Adriano di "pater patriae" sarebbe così decisamente meritato oltrechè spiegato.

domenica 21 marzo 2010

news sull'acquedotto romano

Ritengo doveroso "girare" sul mio blog questo comunicato che si legge all'interno del gruppo Facebook del conosrzio di bonifica della Piana Fiorentina.
Lisa Ciardi Firenze, 19 marzo 2010 - In riferimento all'appello della dottoressa Maria Grazia Ugolini affinché siano valorizzati i resti dell’acquedotto romano che insistono nel tratto del torrente Rimaggio di fronte alla scuola Vittorino da Feltre, il presidente del Consorzio di Bonifica Area Fiorentina Marco Bottino dichiara: «Il cantiere del Consorzio, come già ampiamente illustrato sulla stampa, si prefigge lo scopo non solo di mettere in sicurezza idraulica il tratto del Rimaggio riferito nell’articolo sopracitato, ma anche di consegnare alla città un corso d’acqua più gradevole dal punto di vista dell’inserimento paesaggistico e, se possibile, maggiormente fruibile da parte dei cittadini. Ad esempio al termine dei lavori sono previsti la “scoperta” di una fonte d’acqua naturale e la sua valorizzazione attraverso una piccola vasca in pietra. Inoltre l’area che attualmente serve per dare accesso ai mezzi consortili per la manutenzione straordinaria non solo resterà adibita a tale scopo, ma sarà messa a disposizione dell’Amministrazione Comunale che, potrà, se lo desidera, ricavarne una piccola area verde pubblica».

Per quanto riguarda l’auspicato sopralluogo da parte della Soprintendenza esso è già avvenuto. «Il 15 marzo - dichiara la dottoressa Gabriella Poggesi (archeologo della Soprintendenza responsabile per il territorio) – è stato effettuato un sopralluogo sul tratto di Rimaggio citato sulla stampa. Al sopralluogo hanno partecipato la sottoscritta, il presidente del Consorzio di Bonifica Marco Bottino e il direttore del Consorzio Iacopo Manetti. Nel sopralluogo si è preso atto della nota presenza del probabile speco dell’acquedotto di età romana nel muro sovrastante il Rimaggio di fronte alla scuola Vittorino Da Feltre. È stato preso atto inoltre che il cantiere del Consorzio non ha in alcun modo impattato ne impatterà i resti suddetti». «Consorzio e Soprintendenza - continuano il presidente Bottino e la dottoressa Poggesi - hanno concordato un percorso di valorizzazione dei resti attraverso l’apposizione di una targa o di un pannello che indichi peculiarità archeologiche, idrauliche e ambientali del torrente Rimaggio. Il tutto dopo una verifica della reale consistenza archeologica del cosiddetto speco. Vi è inoltre accordo fra i due Enti circa la necessità di effettuare un monitoraggio archeologico prima dei lavori futuri che comportino escavazione del terreno lungo il corso del torrente Rimaggio tra Colonnata e il Parco dell’Oliveta».

«Riteniamo - conclude Bottino - che questa sia la dimostrazione che il Consorzio è particolarmente attento non solo agli aspetti idraulici dei corsi d'acqua, ma anche all'ambiente e alla storia, spesso sconosciuta, che essi rappresentano»

mercoledì 17 marzo 2010

l'acquedotto romano di Firenze passa da Sesto


Nella foto: lo specco dell'acquedotto romano subito sopra il parcheggio del cinitero maggiore.
Oltrepassata la Villa Stanley è stato appena reso accessibile il cantiere realizzato dalla Cevet in ocasione del passaggio dell'alta velocità ferroviaria. Proprio al centro di questa area tuttora da rifinire a possibile ammirare lo speco dell'acquedotto romano che dalla Val di Marina portava l'acqua a Firenze. Infatti nella località calenzanese della Chiusa, è possibile tutt'oggi ammirare, con le dovute attenzioni, la prese che dalla Marinella di Legri incanalava l'acqua, attraverso un percorso settorreneo verso Florentia. Tutte queste notizie si apprendono grazie all'opera dell'architetto sestese Frido Chiostri, autore del libro "L'acquedotto romano di Firenze" tutt'ora reperibile in libreria. L'architetto poi è stato anche uno degli scopritori della Tomba Etrusca "La Montagnola" ubicata a Quinto Alto, proprio di fronte al cantiere dopo è posto lo speco dell'acquedotto romano. La strada curiosamente a "La chiusa" flette dal suo percorso rettilineo che la conduce verso il Mugello: ovvio che la spiegazione possa essere che proprio il complesso sistema di vasche di decantazione dell'acqua necessario prima della sua immissione nell'acquedotto, abbia occupato lo spazio di quella che evidentemente era una strada già attiva prima del periodo romano imperiale, costringendola ad una deviazione. E' poi il tratto calenzanese successivo quello ancora che deve essere studiato, perchè ancora non si sono avute tracce relative al suo percorso. L'acquedotto procede poi nel suo percorso sotterraneo fin verso Colonnata, facendo capolino poco sotto il Ponte all'Amore nell'ansa del fiume Rimaggio, per diventare così il compagno "nascosto" dei trekker che vogliono perorrere il Cammino di Pinocchio. Per chi si perdesse poi l'occasione di "visitare" l'acquedotto a Colonnata, potrebbe avere una seconda chance presso la Villa Reale di Castello. Infatti lo stesso toponimo "Castello" deriva dal latino Cestellum, il contenitore di raccolta delle acque reflue. Ma non perchè questo era il punto di arrivo dell'acquedotto ma solo perchè qui da tempo immemorabile c'è stata una presa del'acquedotto che portava acqua ai campi dei centurioni che a fine "carriera" avevano avuto come ricompensa dai vari imperatori romani, nella zona immediatamente fuori da Florentia, un appezzamento di terra. Si dice che addirittura in un primo tempo potesse essere abusiva. Il percorso prosegue sotterraneo poi fin oltre la Villa Corsini, lungo l'odierna, fiorentina, via Tolentino, dove all'incrocio con via Di Quarto delle recenti costruzioni hanno messo il luce e lasciato esposte al pubblico un altro pezzo di acquedotto. Qui lentamente l'opera usciva piano piano dalla terra per andare a viaggiare su archi oggi irrimediabilmente perduti. Correva lungo la chiesa della Madonnina del Grappa, passava il Ponte a Rifredi (Piazza Dalmazia), per entrare a Firenze dalla Porta Santa Maria oggi inglobata nella Fortezza da Basso. Termine della sua corsa era via del Capaccio (da caput acquae probabilmente), dal cui cestellum andava a rifornire le terme di via delle terme, quelle rinvenute sotto Piazza Signoria, con relativa zona di lavorazione tessuti e quelle più antiche poste proprio al centro della Z.T.L. di Firenze. Tutto quello che avanzava servive per alimentare pozzi e altri servizi della città. Questo è solo un excursus veloce ad una delle opere romane più importanti di Firenze e di cui Sesto si può fregiare di avere una cospicua parte dei 16 chilometri circa di cui era composta, sul proprio territorio, ma di cui in pochi conoscono l'esistenza, al solito...

martedì 9 marzo 2010

Chi era Michelozzo?


Nella foto: il cortile di probabile attribuzione a Michelozzo nella Villa Stanley.
Credo sia importante stabilire, nello spirito del blog, l'importanza di chi fosse Michelozzo di Bartolomeo Michelozzi detto Michelozzo (Firenze, 1396 – Firenze, 1472), probabilmente il più grande architetto fiorentino di tutto il Rinascimento. Approfitto di Wikipedia per dare un'idea ai lettori: Per l'architettura, il linguaggio in cui si formò fu sia quello brunelleschiano, da cui riprese sia l'accordo dei volumi che il contrasto coloristico tra strutture portanti in pietra serena e pareti bianche, sia quello gotico, in special modo dei grandi ordini mendicanti, da cui riprese l'utilizzo dell'unica navata e la sobria decorazione. Il linguaggio rinascimentale veniva così depurato dalle sue punte più innovative e smussato secondo anche un certo gusto della committenza. Tra il 1420 e il 1427 realizzò la chiesa di San Francesco al Bosco ai Frati a San Piero a Sieve, ad aula unica, divisa in quattro campate con abside poligonale, in cui predomina una nitida scansione geometrica dei volumi. Nel 1425 inizò un sodalizio artistico con Donatello: i due lavorarono a fianco al monumento funebre dell'antipapa Giovanni XXIII (1422-1428 circa) e al pulpito del Duomo di Prato (1428-1438). Michelozzo accompagnò Cosimo il Vecchio nel suo esilio a Venezia nel 1433: il favore di quest'ultimo, che gli commissionò tutte le maggiori opere dell'architetto, sembra essere nato proprio durante l'esilio. Al suo ritorno a Firenze, Michelozzo venne incaricato della ristrutturazione del Convento di San Marco, eseguita tra il 1436 e il 1443. La biblioteca, costruita a tre navate con colonne ioniche e archi in pietra serena, è organizzata su direttrici longitudinali, la luce entra da grandi finestre laterali per illuminare i banconi reggilibro lignei: questo tipo di biblioteca stabilisce la tipologia della biblioteca rinascimentale. Del 1444 è la sistemazione della chiesa della Santissima Annunziata, dove chiudendo con diaframmi murari i valichi delle navatelle trasformò la vecchia chiesa gotica a tre navate, in una chiesa ad aula unica con cappelle laterali, e collabrò con altri scultori all'allestimento dell'edicola della Santissima Annunziata, altra opera che rappresentò un modello per numerose altre realizzazioni; ancora oggi l'opera è ben conservata sotto le aggiunte barocche; in seguito su richiesta del superiore dei Servi di Maria progettò ed in parte realizzò una rotonda innestata al capocroce, la cui pianta riprende il ninfeo romano noto come tempio di Minerva Medica. Leon Battista Alberti proseguì poi i lavori con lo sfondamento dei muri per far affacciare la rotonda direttamente sulla navata centrale. Tra il 1444 e il 1464 realizzò la residenza medicea in via Larga, ora via Cavour. Il palazzo, noto ora col nome di Palazzo Medici Riccardi, presenta tre piani sovrapposti diversificati dallo spessore decrescente del bugnato da rustico a liscio e con finestre a bifora su arco a tutto sesto. Nel palazzo Medici il bugnato è molto più sporgente e le superfici piane prevalgono nettamente sui vuoti delle finestre, così che il palazzo, forse anche per il volere del committente, risulta più austero (a questo schema sono riconducibili il Palazzo Strozzi e quello Gondi, sempre a Firenze). Il progetto originale del palazzo era stato commissionato a Brunelleschi, ma la leggenda vuole che fosse risultato troppo sfarzoso per i Medici, che aspiravano copertamente alla signoria. La realizzazione finale di Michelozzo sarebbe una riduzione del progetto brunelleschiano. Michelozzo ristrutturò e costrui ex-novo ville e castelli medicei nel contado, adattando le residenze di campagna, fuori dalle mura cittadine, a luoghi di piacere e svago. In queste si rifece al modello del castello merlato con le parti superiori aggettanti con pianta regolare. Tra il 1427 e il 1436 circa realizzò quella del Trebbio; del 1451 è la Villa di Cafaggiolo, nei pressi di Firenze, con torri asimmetriche e portale inquadrato da una raggiera di conci in bugnato rustico; nel 1457 quella di Careggi e infine la Villa Medici a Fiesole è del 1458 (quest'ultima è di attribuzione incerta). Si è ritenuto che fossero suoi i progetti per il Banco mediceo e della cappella Portinari in Sant'Eustorgio a Milano portando così l’architettura rinascimentale fiorentina nel nord-Italia, ma senza sicuro fondamento; la recente critica le ritiene opere di Guiniforte Solari. Dal 1461 al 1464 Michelozzo si occupò della costruzione delle fortificazioni di Stagno, in Dalmazia, la più lunga muraglia medioevale in territorio europeo.

venerdì 5 marzo 2010

Gli Ughi di Toscana e la bandiera U.S.A.


Nella foto: lo stemma di Ugo di Toscana nella Badia Fiorentina.
A questa famiglia appartenne anche il poggio fuori porta San Gallo, denominato "mons Ugonis" per questo motivo, oggi ormai conusciuto da tutti con il nome di Montughi. Il capostipite della famiglia fu Ugo (od Ugone), marchese di Toscana. Fino al 1292 gli Ughi ebbero cariche politiche, poi svolsero professioni giuridiche. Alamanno Ughi divenne marchese nel 1782 e, dopo le nozze di Minerva Ughi e Orlando Lorenzi, la famiglia si estinse. Ugo di Toscana (o di Tuscia), detto a volte Il Grande, (950 circa – Pistoia, 21 dicembre 1001) fu margravio di Toscana dal 970 circa fino alla sua morte e duca di Spoleto e Camerino dal 989 al 996. Era figlio di un figlio naturale del re d'Italia, Ugo d'Arles, Uberto di Toscana (?-970), il quale fu anche lui per un certo periodo Duca di Spoleto, e di Willa di Toscana, una delle figlie di Bonifacio I di Spoleto.Si sposò con una certa Giuditta ed ebbe una figlia. Sembra che il padre abdicò, per cui Ugo gli succedette, come marchese di Toscana, prima del 970. Egli decise di spostare la sua residenza da Lucca a Firenze, dando un primo riconoscimento dell'ascesa economica e politica della città sull'Arno. Durante il regno dell'Imperatore Ottone III fu uno dei consiglieri più ascoltato, per le questioni italiane. In quel periodo divenne duca di Spoleto, ma dopo il 994, anno in cui Ottone III cominciò a governare in prima persona, forse si impaurì dal vasto potere di Ugo, nell'Italia centrale, e nel 996, pur essendo go uno dei suoi più fedeli sostenitori, lo privò di Spoleto in favore di Corrado di Spoleto. Ancora accompagnò l'imperatore nella sua nuova discesa in Italia e nell'anno 1000 era comandante delle truppe imperiali con il cugino di Ottone il futuro imperatore, il duca di Baviera, Enrico. Nel 1001 i Romani si ribellarono a Ottone e lo assediarono nel suo palazzo romano e chiusero le porte della città impedendo di entrare in Roma con le truppe ad Ugo ed Enrico, che dopo tre giorni trattarono la liberazione di Ottone, che avrebbe preferito combattere. Ottone dovette uscire da Roma e molto probabilmente Ugo fu allontanato dalla corte imperiale. Ugo morì, in quello stesso anno (1001) a Pistoia ma venne sepolto a Firenze presso la Badia Fiorentina, fondata da sua madre. Più di quattro secoli dopo Mino da Fiesole gli scolpì un monumento funebre. Nell'ultimo periodo del suo governo in Toscana, si prodigò, come aveva già fatto la madre, alla cura e all'accrescimento di vari istituti religiosi, con numerose donazioni, che vennero confermate dai suoi successori. La sua biografia fu arricchita di numerose leggende nel tempo e Placido Puccinelli scrisse una Istoria delle eroiche azioni di Ugo il Grande (1664), visto come principe pio e di alto valore morale. Ugo da Giuditta ebbe una figlia: Willa (?-?), che fu benefrattrice del monastero di San Michele Arcangelo presso Massarosa nel 1025, e probabilmente fu moglie di Ardicino, figlio del re d'Italia, Arduino d'Ivrea. La stessa Badia Fiorentina fu fondata come parte di un monastero benedettino (da cui il nome badia che significa abbazia) nel 978 dalla madre del marchese Ugo di Toscana, Willa di Toscana. Ugo, divenuto marchese di Toscana, accrebbe con grande munificenza le donazioni della madre e il suo ricordo è stato perpetuato nei secoli, tanto che ogni 21 dicembre viene ancora celebrata una messa per il nobile benefattore, detto da Dante il Gran barone: sulla sua tomba posto un cuscino di fiori bianchi e rossi (i colori del suo stemma) e celebrata all'altar maggiore una messa solenne di suffragio con la partecipazione di popolo e autorità. Grazie ad altre ingenti donazioni ed anche ai privilegi concessi da papi e da imperatori, l'abbazia acquistò o ereditò varie proprietà ad essa circostanti, ove aprirono le loro attività cartolai, miniatori, legatori, librai, che connotarono la zona con una produzione legata alla realizzazione di libri e pergamene. Nel 1071 fu annesso un ospedale al convento. Fra le attività dei monaci c'era anche la viticoltura, come suggeritoci anche dal nome della vicina Via della Vigna Vecchia. Il marchese ebbe come insegna uno scudo «di rosso a tre pali d'argento» ricordata anche da Dante nella Divina Commedia, canto XVI del Paradiso: « Ciascun che della bella insegna porta/del gran barone il cui nome e il cui pregio/la festa di Tommaso riconforta,/da esso ebbe milizia e privilegio; ». In seguito l'insegna fu portata, con alcune variazione da diverse famiglie nobili fiorentine. Il suo stemma divenne così importante che, si racconta, Filippo Mazzei, il massone italiano che importò la vigna in Virginia e che aiutò nella stesura della Costituzione amiricana, entrato in contatto in Inghilterra con i padri fondatori statunitensi, massoni come lui, propose proprio l'accostamento di colori bianco e rosso, da inserire nella bandiera U.S.A..

Altre notizie su Villa Stanley


Nella foto: la loggia della Villa Stanley.
Ancora una volta è il Villoresi a darci una mano a ricorstrire la storia della Villa Stanley. E' situata parte nel popolo di Colonnata e parte in quello di Quinto. In origine appartenne agli Ughi, potente famiglia di magnati fiorentini, che aveva torre, logge e palazzi, nonchè il patronato della Chiesa di Santa Maria degli Ughi, nell'antico centro di Firenze, oggi ormai demolito come tanta altra parte della zona storica. Ai primi del XV secolo la villa era indicata con il nomignolo "Camorella", dato a tutta la località a risultava appartenere a Piero di Ambrogio Ambrogi, pezzaio. Nella seconda metà del secolo pssò poi in mano, come dicevamo, a ser Niccolò di Michelozzo Michelozzi, che oltre alla loggia dovrebbe anche aver creato il caratteristico cortile cinquecentesco. Ai primi del '500 risulta proprietaria la famiglia Belardi o Berardi, che aveva anche il possesso del podere adiacente con un uccellare (come risulta nel planetario della Parrocchia di Colonnata. Successivamente divenne possesso della famiglia Malegonnelle (dove figura quell'Antonino, cittadino di somma autorità, dottore in legge, ambasciatore dei fiorentini nell'ottobre 1499 durante la guerra di Firenze con Pisa). Fu poi degli Altoviti, quindi dei Bonaccorsi, dai quali veniva acquistata nel 1860 dall'abate Giovanni Malenchini, che, morendo nel 1890, la lasciò al nipote marchese Giulio Malenchini. Questi la vendeva nel 1923 al Conte russo Murawieff. Dopo due anni veniva acquistata dalla famiglia Syanley.

martedì 2 marzo 2010

La villa Stanley


Scendendo lungo il viale XX Settembre, una volta superati i campi da calcio di Doccia, si arriva all'incrocio con via Fratelli Rosselli: è proprio qui che si trova il muro di cinta che costeggia una delle più belle dimore d'epoca sestesi: Villa Stanley. Negli ultimi anni la studiosa sestese Betrice Mazzanti coadiuvata da tanti altri appassionati ha proposto una serie di itinerari "a spasso tra città e collina", da cui depliant sono riuscito a trarre le poche notizie di cui dipongo e di cui vi faccio aprte sperando che qualcun altro mi aiuti in questa mia faticosa opera di aggiornamento. Il complesso è di chiara origine medievale e venne acquistato nella seconda metà del '400 dal figlio di Michelozzo, il famoso architetto dei Medici. A questa proprietà si devono oggi probabilmente le opere più importanti di ampliamento, ed in particolare della loggia rivolta a sud Oggi la villa è stata adattata ad uso hotel così come la sua Limonaia è diventata un ristorante. All'interno del suo ancor splendido parco oggi ci sono campi da tennis e da beach-volley.