venerdì 26 novembre 2010

Antonio Carcopiano ed il più vecchio ponte sospeso in ferro sopravvissuto dal XIX secolo

"Il ponte sospeso di ferro del 19° secolo - Villa Borghese a Firenze (Italia)" che ha come autori Alberto Cecchi, Alessio Passerini e Daniele Salvestrini ci dice che tra il 1825 e il 1828, Antonio Carcopino, un ingegnere, ha progettato il ponte di ferro che collega la Villa Borghese al suo parco: questo fatto dimostra l'interesse della famiglia Borghese per le innovazioni tecnologiche del 18 e del 19° secolo.
Dall'introduzione del testo viene spiegato come il Principe Camillo Borghese sposò Paolina Bonaparte, la sorella di Napoleone. Dopo la morte dell'Imperatore, nel 1825 il Principe comprò una Villa a Quinto nella periferia di Firenze, che restaurò in stile neoclassico: Antonio Carcopiano, un ingegnere, studente dell'Accademia delle Belle Arti di Firenze, disegnò la villa ed il giardino tra il 1825 ed il 1828. I progetti sono conservati nei fogli 115-122 dell'Archivio Salviati, che attualmente è sotto la cura della Scuola Superiore di Pisa (Karwacka et al. 1993). Il giardino era sistemato sul lato opposto della strada rispetto alla villa: così Carcopiano costruì un ponte sospeso di ferro. In accordo con le conoscenze che abbiamo fino ad oggi, questo ponte è IL PIU' ANTICO PONTE SOSPESO IN FERRO SOPRAVVISSUTO DAL PERIODO, assime al più lungo (1826-1832) su fiume Garigliano (sfortunatamente distrutto durante la seconda guerra mondiale e solo recentemente ricostruito, il cui designer fu l'ingegnere Luigi Giura del "Corpo borbonico di ponti e strade". Senza dubbio ciò testimonia l'interesse della famiglia Bonaparte riguardo alle innovazioni tecniche seguenti al periodo dell'illuminismo.

domenica 21 novembre 2010

La vita di Paolina Borghese

Ecco cosa ne pensava di Paolina Borghese, Victor Hugo nel settimo capitolo de "l'origine del Can Can-ossia i delitti e le origie della famiglia Bonaparte": Paolina Bonaparte appena quattordicenne, cominciò a prostituirsi e continuò lungamente simile vita sotto gli occhi della madre sua; malgrado gli eccessi a cui abbandonavasi mantenne la freschezza delle sue carni, e conservò la bellezza del suo volto. Lo spirito era uno degli ornamenti di questa donna e possedeva il secreto di tenere allegra la più numerosa brigata. Dopo la morte del generale Leclerc tornò da S. Domingo; gli sfaccendati andavano in estasi alla vista della nuova Artemisia che accompagnava gli avanzi del di lei sposo. Ignoravano essi che in cambio del cadavere del generale, quel feretro, oggetto elle di lei cure pietose, conteneva i diamanti e le ricchezze rubate durante la spedizione; fu calcolato ascendesse a sette milioni la porzione toccatale nel saccheggio di S. Domingo. Innamorata di Cristoforo il Negro, luogotenente di Ognissanti, la nostra Messalina lo lasciava sovente estenuato di forze sul di lei letto voluttuoso. Non eravi chi ignorasse i suoi legami schifosamente incestuosi con l'imperatore; essa stessa non li negava. Napoleone quindi la dette in moglie a Borghese, principe rovinato, ed il principato di Guastalla fu il regalo di nozze". E la villa Paolina di Sesto Fiorentino avrebbe dovuto accogliere i due sposini ma sembra che la Paolina mai vi abbia neppure messo piede, o al limite che si sia limitata solo a farvi visita. Per par condicio riportiamo anche quello che dice Wikipedia di Maria Paola Bonaparte, conosciuta semplicemente come Paolina Bonaparte (Ajaccio, 20 ottobre 1780 – Villa Fabbricotti, 9 giugno 1825). Era figlia di Carlo Maria Bonaparte e di Letizia Ramolino. Sorella prediletta da Napoleone, lei stessa fu sempre molto affezionata al celebre fratello maggiore.
Donna di documentata bellezza e fascino, sposò nel 1797 il generale Victor Emanuel Leclerc, amico di Napoleone, di cui rimase vedova nel 1802. L'anno successivo, su richiesta del fratello Napoleone, sposò un personaggio la cui famiglia faceva parte dell'antica nobiltà romana, il principe Camillo Borghese, di cinque anni più anziano di lei.
Piuttosto irrequieta, amante dello sfarzo e della vita di corte, fece molto parlare di sé a causa del suo comportamento anticonformista, come ad esempio posare nuda, nel 1805, per essere immortalata da Antonio Canova nella celebre statua di Venere vincitrice.
Divenne duchessa di Guastalla nel 1806 e risiedette a Torino, città che non amò mai, ritenendola fredda e provinciale, in quanto il marito era stato nominato governatore dei dipartimenti francesi in Italia. Ebbe come damigella d'onore la coetanea Adele de Sellon, madre di Camillo Benso di Cavour, cui fu molto affezionata[2] e del cui figlio, futuro statista, fu madrina di battesimo.
Morì nel 1825 a causa di una malattia tropicale cronica contratta a Santo Domingo, dove aveva accompagnato il primo marito.

mercoledì 10 novembre 2010

alcune notizie su Camillo Borghese

Uno dei proprietari di Villa Paolina fu ovviamente Don Camillo Filippo Ludovico Borghese di cui traiamo una scheda da Wikipedia: nacque a Roma il 19 luglio 1775 e morì a Firenze il 9 maggio 1832. E' stato Principe di Sulmona e Rossano, Duca e Principe Guastalla fu un membro della famiglia Borghese, ed è meglio conosciuto per essere divenuto cognato di Napoleone I. Camillo Borghese nacque a Roma, figlio del Principe Marcantonio IV Borghese (1730-1800) e fratello di Francesco (1776-1839), Principe Aldobrandini, ed entrò al servizio francese nel 1796. Egli divenne secondo marito della sorella di Napoleone, Paolina Bonaparte nel 1803 (dopo la morte di Victor Emanuel Leclerc, primo marito di Paolina). Venne nominato principe di Francia nel 1804; successivamente divenne comandante della Guardia Imperiale nel 1805 e poco dopo colonnello (poi maggiore generale) e duca di Guastalla; nel 1809 divenne Comandante della 27ª e della 28ª Divisione dell'esercito francese.
Inizialmente appassionato (commissionò la famosa Venere con l'effige della moglie dal Canova), il matrimonio successivamente si concluse in un concubinaggio con numerose amanti che portarono i due amanti a stravaganti usanze quali quella di utilizzare schiavi africani come poggiapiedi. Ad ogni modo la coppia condusse vite separate ma non divorziò mai e Paolina convinse anzi il fratello a concedere a Camillo il governo del Piemonte nel 1808 (pare con le seguenti parole: "Camillo è un imbecille e nessuno lo sa meglio di me. Ma qui sta il punto, no? gli stiamo affidando il governo di un territorio... è perfetto!". Camillo ottenne anche la salvaguardia su un prigioniero di riguardo: papa Pio VII.
Napoleone lo forzò inoltre a vendere alla Francia 344 pezzi della Collezione Borghese, che Camillo arricchì nuovamente con nuovi pezzi provenienti dagli scavi in Egitto e con l'acquisto di altre opere. Camillo prestò inoltre notevole attenzione alla villa di famiglia a Porta Pinciana, dando nuova sede alla rinnovata collezione e facendo costruire una nuova entrata monumentale che dava su Piazza del Popolo, ancora oggi esistente.
Dopo la caduta di Napoleone, l'alleanza tra Camillo ed il governo francese si ruppe e lo mise in cattiva luce a Roma, a tal punto che fu costretto a recarsi a Firenze, anche per distanziarsi dalla moglie, evitando ad ogni modo il sequestro delle proprie terre (pratica usuale applicata da Pio VII al suo ritorno al soglio pontificio contro gli ex sostenitori del Bonaparte). Dopo 10 anni di matrimonio fallimentare, venne convinto dal Papa a riprendere con sè Paolina, che però morì dopo soli 3 mesi di cancro. Non avendo avuto figli, alla sua morte il suo patrimonio passò al fratello Francesco.
Onorificenze: Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Legion d'Onore

lunedì 1 novembre 2010

ecco chi era la famiglia Peruzzi

I Peruzzi, che una tradizione poco documentata vorrebbe discendenti dalla stirpe dei Della Pera ricordata da Dante nel XVI canto del "Paradiso", furono una delle più influenti famiglie della Repubblica fiorentina.
Discendenti da un Ubaldino di Peruzzo vissuto alla metà del XII secolo, nella seconda metà del Trecento si divisero in due rami i cui capostipiti erano Arnolfo e Filippo figli di Amideo. La discendenza del primogenito Arnolfo fu la più longeva, mentre quella derivante da Filippo si estinse alla metà del Settecento.
Di fede guelfa, accumularono una discreta fortuna esercitando il commercio di panni. Successivamente iscritti all'Arte del Cambio, investirono i proventi dell'attività mercantile in una "Compagnia" bancaria che in pochi anni divenne una delle più influenti in Europa con filiali nel Regno di Napoli, in Francia e in Inghilterra. Tra la fine del XIII secolo e l'inizio del XIV, potendo contare su un considerevole capitale, la società fu in grado di realizzare ingenti operazioni di prestito alla Corte di Roma, agli Ordini di S. Giovanni di Gerusalemme e di Rodi e, insieme alle compagnie dei Bardi e dei Frescobaldi, anche ad alcune case regnanti. Nel 1303 la famiglia concesse a Filippo il Bello re di Francia una significativa somma di denaro necessaria al sovrano per contrastare il potere temporale di Bonifacio VIII. L'intrinseca debolezza della compagnia, come del resto delle altre società italiane di prestatori, costrette a investire i propri capitali all'estero presso Paesi più floridi economicamente, fu evidente nella catastrofe bancaria che colpì nel quarto decennio del Trecento le compagnie dei Bardi e dei Peruzzi. Sconfitto nella campagna contro la Francia, Edoardo III d'Inghilterra non fu in grado di restituire l'ingente somma che le due compagnie avevano anticipato al re per sostenere le spese della guerra. L'insolvenza della corona inglese, alla quale il Comune fiorentino non poteva in alcun modo opporsi, fu tuttavia solo uno dei fattori che determinarono il tracollo finanziario delle due compagnie. Effetti non meno rilevanti ebbero la peste nera, la carestia che ne seguì e il finanziamento delle fallimentari guerre di Firenze contro Mastino Della Scala e la repubblica di Pisa. La cospicua ricchezza immobiliare accumulata permise tuttavia alla famiglia di fronteggiare, seppure con grosse difficoltà, la crisi economica che aveva colpito la compagnia.
L'appartenenza alle Arti Maggiori e il prestigio sociale garantirono ai Peruzzi una solida partecipazione alla vita politica della Repubblica: 10 furono tra i membri della famiglia i gonfalonieri, 54 i priori e numerosi gli ambasciatori presso il papa e i sovrani d'Europa.
Un ramo della famiglia discendente da Paolo di Francesco si stabilì in Francia modificando il proprio cognome in Perussis e ottenendo il titolo marchionale; si estinse nel 1907 con Rodolphe marquis de Perussis, intendente generale. La famiglia riuscì, grazie anche ad un'accorta politica matrimoniale, a mantenere inalterato il suo prestigio e la sua influenza politica anche sotto il Principato mediceo. Con l'avvento della dinastia lorenese ottenne, nel 1751, l'iscrizione al patriziato fiorentino. Nel 1783 Bindo Simone (1729-1794), cavaliere dell'ordine di S. Stefano, direttore dell'Ufficio del Sale e membro dell'Accademia della Crusca, sposò in seconde nozze Anna Maria Luigia di Averardo di Pietro Paolo de' Medici, ultima discendente del suo ramo. Nel 1739 Anna Maria Luisa de' Medici, sorella dell'ultimo granduca mediceo Giangastone, aveva dichiarato il fratello di Anna Maria Luigia, Pietro Paolo, quale suo erede più prossimo, con la clausola che in caso di estinzione della linea maschile l'eredità passasse alla discendenza femminile. Fu così che nel 1846 i Peruzzi vennero dichiarati eredi dell'Elettrice Palatina e nel 1895 furono autorizzati ad assumere il titolo di "marchesi de' Medici" e ad aggiungere al proprio stemma le sei palle medicee.
Personaggio di rilievo fu Ubaldino di Vincenzo Peruzzi (1822-1891) esponente tra i più autorevoli insieme a Bettino Ricasoli del partito dei moderati toscani. Membro del Parlamento toscano nel 1848, prese parte nel 1859 al Governo Provvisorio Toscano. Fu Ministro dei Lavori Pubblici dei governi Cavour e Ricasoli (1861-62) e Ministro degli Interni del governo Minghetti (1863-1864). Membro del Consiglio provinciale toscano dal 1865 alla morte, deputato del Parlamento e senatore dal 1890, fu sindaco di Firenze dal 1868 al 1878. La moglie Emilia Toscanelli fu animatrice di un importante salotto culturale frequentato assiduamente da intellettuali quali Edmondo De Amicis, Ruggero Bonghi, Giovan Battista Giorgini, Alfredo Baccarini, Marco Tabarrini, Leopoldo Galeotti, Adriano Mari, Isidoro del Lungo, Renato Fucini e Cesare Alfieri.