I Peruzzi, che una tradizione poco documentata vorrebbe discendenti dalla stirpe dei Della Pera ricordata da Dante nel XVI canto del "Paradiso", furono una delle più influenti famiglie della Repubblica fiorentina.
Discendenti da un Ubaldino di Peruzzo vissuto alla metà del XII secolo, nella seconda metà del Trecento si divisero in due rami i cui capostipiti erano Arnolfo e Filippo figli di Amideo. La discendenza del primogenito Arnolfo fu la più longeva, mentre quella derivante da Filippo si estinse alla metà del Settecento.
Di fede guelfa, accumularono una discreta fortuna esercitando il commercio di panni. Successivamente iscritti all'Arte del Cambio, investirono i proventi dell'attività mercantile in una "Compagnia" bancaria che in pochi anni divenne una delle più influenti in Europa con filiali nel Regno di Napoli, in Francia e in Inghilterra. Tra la fine del XIII secolo e l'inizio del XIV, potendo contare su un considerevole capitale, la società fu in grado di realizzare ingenti operazioni di prestito alla Corte di Roma, agli Ordini di S. Giovanni di Gerusalemme e di Rodi e, insieme alle compagnie dei Bardi e dei Frescobaldi, anche ad alcune case regnanti. Nel 1303 la famiglia concesse a Filippo il Bello re di Francia una significativa somma di denaro necessaria al sovrano per contrastare il potere temporale di Bonifacio VIII. L'intrinseca debolezza della compagnia, come del resto delle altre società italiane di prestatori, costrette a investire i propri capitali all'estero presso Paesi più floridi economicamente, fu evidente nella catastrofe bancaria che colpì nel quarto decennio del Trecento le compagnie dei Bardi e dei Peruzzi. Sconfitto nella campagna contro la Francia, Edoardo III d'Inghilterra non fu in grado di restituire l'ingente somma che le due compagnie avevano anticipato al re per sostenere le spese della guerra. L'insolvenza della corona inglese, alla quale il Comune fiorentino non poteva in alcun modo opporsi, fu tuttavia solo uno dei fattori che determinarono il tracollo finanziario delle due compagnie. Effetti non meno rilevanti ebbero la peste nera, la carestia che ne seguì e il finanziamento delle fallimentari guerre di Firenze contro Mastino Della Scala e la repubblica di Pisa. La cospicua ricchezza immobiliare accumulata permise tuttavia alla famiglia di fronteggiare, seppure con grosse difficoltà, la crisi economica che aveva colpito la compagnia.
L'appartenenza alle Arti Maggiori e il prestigio sociale garantirono ai Peruzzi una solida partecipazione alla vita politica della Repubblica: 10 furono tra i membri della famiglia i gonfalonieri, 54 i priori e numerosi gli ambasciatori presso il papa e i sovrani d'Europa.
Un ramo della famiglia discendente da Paolo di Francesco si stabilì in Francia modificando il proprio cognome in Perussis e ottenendo il titolo marchionale; si estinse nel 1907 con Rodolphe marquis de Perussis, intendente generale. La famiglia riuscì, grazie anche ad un'accorta politica matrimoniale, a mantenere inalterato il suo prestigio e la sua influenza politica anche sotto il Principato mediceo. Con l'avvento della dinastia lorenese ottenne, nel 1751, l'iscrizione al patriziato fiorentino. Nel 1783 Bindo Simone (1729-1794), cavaliere dell'ordine di S. Stefano, direttore dell'Ufficio del Sale e membro dell'Accademia della Crusca, sposò in seconde nozze Anna Maria Luigia di Averardo di Pietro Paolo de' Medici, ultima discendente del suo ramo. Nel 1739 Anna Maria Luisa de' Medici, sorella dell'ultimo granduca mediceo Giangastone, aveva dichiarato il fratello di Anna Maria Luigia, Pietro Paolo, quale suo erede più prossimo, con la clausola che in caso di estinzione della linea maschile l'eredità passasse alla discendenza femminile. Fu così che nel 1846 i Peruzzi vennero dichiarati eredi dell'Elettrice Palatina e nel 1895 furono autorizzati ad assumere il titolo di "marchesi de' Medici" e ad aggiungere al proprio stemma le sei palle medicee.
Personaggio di rilievo fu Ubaldino di Vincenzo Peruzzi (1822-1891) esponente tra i più autorevoli insieme a Bettino Ricasoli del partito dei moderati toscani. Membro del Parlamento toscano nel 1848, prese parte nel 1859 al Governo Provvisorio Toscano. Fu Ministro dei Lavori Pubblici dei governi Cavour e Ricasoli (1861-62) e Ministro degli Interni del governo Minghetti (1863-1864). Membro del Consiglio provinciale toscano dal 1865 alla morte, deputato del Parlamento e senatore dal 1890, fu sindaco di Firenze dal 1868 al 1878. La moglie Emilia Toscanelli fu animatrice di un importante salotto culturale frequentato assiduamente da intellettuali quali Edmondo De Amicis, Ruggero Bonghi, Giovan Battista Giorgini, Alfredo Baccarini, Marco Tabarrini, Leopoldo Galeotti, Adriano Mari, Isidoro del Lungo, Renato Fucini e Cesare Alfieri.
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