Le prime ceramiche con il corpo in argilla furono create in Cina sotto il regno della dinastia Sui (581-618 d.c.), poi perfezionate sotto i T'ang (618-907 d.c.). L'impasto era composto prevalentemente da caolino (da Ka-o-ling, 'alta collina', località della Cina presso King-ten-chen nel Kiang-Xi), argilla refrattaria non fusibile finissima, e di petuntse (da Pai-tun-tsu, 'piccoli mattoni' di quarzo bianco), un feldspato fusibile. Questi due materiali, dovutamente impastati e sottoposti ad una temperatura oscillante tra i 1250 ed i 1350° davano vita ad una materia bianca, traslucida e vetrificata. Questa veniva amalgamata con acqua, sali minerali, quarzo e sabbia cristallina fusa e polverizzata. L'impasto era mescolato a lungo con una pertica e pestato a piedi nudi, per poi venir lasciato a riposo per anni, addirittura per decenni, affinchè le impurità organiche avessero modo di decomporsi. Infine l'impsto era battuto per liberarne l'aria e poi foggiato a mano, con stampi o al tornio. i pezzi crudi venivano fatti seccare per un anno per essere poi finiti a cesello, rivestiti di una coperta trasparente a base di petunse, cenere di felce e calce, che dopo la cottura in fornaci a legna, paglia o carbone, conferiva all'oggetto lunimosità e lucentezza. In cottura si mettevano gli oggetti all'interno di cassette di argilla piene di sabbia refrattaria per evitare le macchi sul manufattto dovute alla cenere. Le prime porcellane arriarono in Europa lungo la via della seta, ma quantità più ingenti iniziarono ad essere importate dopo che Vasco de Gama nel 1498 aprì la via marinara. Qesto commercio stimolò gli orientali che appositamente crearono la prima produzione di porcellane decorate in monocromia blu dette yang k'i, o 'oggetti per lo straniero'. Erano accompagnati dal vasellame per la cerimonia del tè, fatti dai cinesi per i mercanti giapponesi o dalle ceramiche per con versetti coranici, distinata ai paesi islamici. Le importazioni sempre crescenti favorite dalla nascita Compagnia delle Indie occidentali, prima quella inglese, poi l'olandese di Canton provocò in Europa una vera e propria moda detta 'cineseria', che favori in Cina e Giappone un ulteriore sviluppo di porcellana creata su modelli europei. detta export-cina o chine de commande. Intanto in Europa ceramisti olandesi, italiani e francesi cercavano di riprodurla a prezzi inferiori per i meno abbienti. Nei primi del settecento gli alchimisti europei si 'gettarono' alla ricerca delle materie prime e della ricetta per l'impasto della fabbricazione della porcellana (che per questo prese il nome di 'arcanum'). Vari personaggi viaggiando per Europa si scambiavano informazioni fra cui il Barone Ehrenfried Walter von Tschirnhaus di Sassonia, che una volta individuati i materiali essenziali per la definizione dell'impasto ne studiò gli esatti punti di fusione, inarrivabili però nelle fornaci per la birra su cui lavorava. Anche Johan Friedrich Böttger, un alchimista che, scoperto da Federico Augusto di Prussia, che puntava alla produzione di porcellana per rimpinguare le casse statali, fu rinchiuso, perchè aveva millantato di riuscire ad ottenere oro con la sua pietra filosofale, a lavorare sotto la direzione di Tschirnahaus. Fu lui che, usando un caolino locale (di Coldtiz) riuscì ad ottenere una porcellana finalmente in tutto e per tutto simile a quella cinese, grazie ai forni pensati con materiali refrattari in gradi di resistere ad altissime temperature. Nacque così a Meissen nei pressi di Dresda la Fabbrica reale di Porcellana di Sassonia che costituì realmente il punto focale di una sorta di straordinaria diaspora che si diramò per l'Europa intera; furono sessant'anni circa di vera e propria epidemia culturale per cui soprattutto in Germania nessun principe sentiva gratificata la propria fisionomia di fasto aggiornato se non possedeva una piccola fabbrica di porcellane che provvedesse ai bisogni della corte. Si era formato intorno al Böttger, divenuto direttore delle fabbriche reali, uno stuolo di specialisti singolarmente propensi però a vendere le proprie limitate conoscenze ai regnanti che offrivano maggiori ricompense; tali"vendite" secondo una astuta e preveggente preacauzione voluta da Böttger stesso,erano però sempre limitate ad una sola fase del procedimento. Intorno al 1735 il "segreto" intorno alla porcellana per opera dello stesso Böttger si svelò: egli infatti lo confidò in preda i fumi dell'alcol al suo collaboratore, C.K.Hunger, smaltatore e pittore che unitosi ad un certo Stölzer conoscitore dei segreti della cottura si trasferì a Vienna dove immediatamente sorse la manifattura di Claudius Innocent Du Paquier. Ad Hunter è legata la sorte avventuriosa e di breve durata di una manifattura veneziana fondata dall'orafo Francesco Vezzi. Hunter infatti scontrandosi con Du Paquier venne a Venezia, non solo portando con sè i segreti della fabbricazione, ma riuscendo anche a far esportare dalla Sassonia il caolino necessario all'impasto ed anche un valente maestro di cottura, samuel Stölzen. La corte Sassone tuttavia riassunse Hunter e bloccò l'esportazione del caolino, la fortuna della fabbrica Vezzi ebbe presto fine. Fu in questo clima che nacque la Manifattura di Doccia. La fabbrica sestese fu una delle prime manifatture europee a produrre porcellane in un'epoca in cui la fabbricazione di porcellana, diffusa da secoli in estremo oriente, era in Europa ad uno stadio ancora quasi sperimentale. Proprio per questo il progetto del marchese Carlo Ginori, esponente di rilievo dell'aristocrazia toscana, di creare una manifattura di porcellane in un paese in cui gli abitanti erano da sempre dediti all'agricoltura, non fu di facile attuazione. Non era facile reperire le materie prime utili ad ottenere impasti e decorazioni di qualità; mancavano riferimenti produttivi e culturali. Fu quindi necessario ingaggiare pittori e tecnici stranieri e formare professionalmente come ceramisti alcuni contadini delle molte proprietà terriere dei Ginori. Oltre alle difficoltà tecniche la fabbrica di Doccia doveva affrontare problemi stilistici. Cosicché per consentire agli artisti che lavoravano nella manifattura di avere modelli iconografici a cui ispirarsi, Carlo Ginori acquistò calchi di opere d'arte, cammei, terrecotte, libri di storia dell'arte e di architettura, cere e bronzetti di Massimiliano Soldani Benzi e Giovan Battista Foggini, due scultori fiorentini tardo-barocchi di notevole valore.
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