lunedì 12 aprile 2010

inediti dal Lampione di Collodi


Rimando con dispiacere di qualche giorno le altre puntate del racconto di Maroo Giachetti sull'acquedotto romano, che tra l'altro hanno ancora una volta "fatto centro" visto l'enormità di materiale che mi è arrivata in posta, sul cellulare o più semplicemente a voce su uno dei monumenti storici più importanti di Sesto, tanto che addirittura mi è stato chiesto di organizzare un percorso trekking alla sua ricerca (giuro che ho provato a dire che si tratta di circa 20 chilometri ma questo non è bastato a scoraggiare), per condividere con il lettori del blog una segnalazione che mi ha fatta la Prof. Beatrice Mazzanti riguardo ad un articolo su Collodi uscito domenica scorsa sul supplemento del Sole 24 ore. Nell'articolo si è data notizia dell'attribuzione a Carlo Lorenzini di alcuni componimenti apparsi senza firma o con pseudonimo nella rivista "Il Lampione", giornale politico-umoristico di cui Collodi fu proprietario, direttore, redattore, chiusa poi per questo dalla censura. Allo pseudonimo Collodi usato per la prima volta nel 1856 in precedenza il Lorenzini sembra che ne abbia usati altri come Lampione, Io Lampione, Diavoletto, o zztzz oppure non abbia usato firme. Ecco quindi che nella rubrica "Pizzicotti a domicilio" si legge sui dissidi tra preti e Salasco firmatario dell'armistizio con l'Austria: "Fior di patate/Vescica che ama l'ordine e la quiete/Estorce i voti a suon di bastonate; Fiorin di noce/Canonici del Duom, così mi piace;/Rinnegaste l'Italia per la Croce; Fior di carote/O Revel, o Bozzelli, su smettete:/Vuole così colui che tutto puote; e Fior di gaggia/Salasco fa smacchiar la giubba sua,/Ma c'è una macchia che non può andar via".

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