mercoledì 20 gennaio 2010

Ancora sul Collegino


Nella foto: Sotto alla lapide di Doccia che commemora i nomi dei caduti nella strage del Collegino, ne è stata aggiunta una seconda con i loro nomi.
Oggi per la prima volta da quando ho aperto il blog ho superato i mille contatti mensili, segno che il sostegno dei miei "venticinque lettori" di manzoniana memoria, si sta facendo sempre più intenso, spero, per gli argomenti che sono andato a trattare. Ecco quindi che in attesa di concludere la storia della Villa Gerini, voglio cogliere l'occasione per segnalare un altro "pezzo" di storia locale sulla strage del Collegino, che tanta commozione ha suscitato in tanti. Nel suo libro "Una chiesa, una storia", il pievano benemerito di San Martino Don Silvano Nistri, (all'epoca della stesura proprio parroco a San Romolo), ha voluto ricordare quanto raccontò Don Ezio Giovannini molti anni dopo la strage. Don Ezio era il parroco mandato nel '43 dalla Marchesa Maria Teresa Gerini, che aveva data disponibilità alla Congregazione di don Orione per aprire a Colonnata un rifugio per ragazzi poveri. Colonnata in quegli anni di guerra aveva già tanti immigrati e sfollati, e molte famiglie povere erano state sistemate dal Comune in via dei Logi. Tutto concordato Don Ezio fa chiamato a Colonnata da Ortonovo di La Spezia: arrivato a maggio già a settembre era in grado di far partire il collegio. La gente lo ricorda come un romagnolo espansivo tutto cuore, popolare e concreto, senza vizi intellettualistici e sano come un montanaro. A settembre arrivarono anche Don Nazareno Malfatti e un tirocinante di 20 anni: Teofilo Tezze. I ragazzi che arrivarono andavano alla scuola di Quinto e dormivano nel collegio, in lettini di legno tutti uguali, senza le reti, con le materasse di crine. I ragazzi avevano zoccoli di legno fatti da Mutolino, che abitava all'Infernino e padre di uno dei bambini che morì nel combattimento. I Gerini provvedevano con patate, qualche prosciutto, un po' di grano per integrare il pane della tessera. Al resto provvedeva l'ingegner Merlini, uno dei massimi esponenti dell'epoca alla Richard-Ginori, che ben presto divenne amico e "protettore" del collegino. Fu lo stesso Don Ezio che prese i primi contatti con la Resistenza, facendo del Collegino uno dei punti "fidati" sul territorio. In merito a quell'8 febbraio 1944 il libro di Don Silvano ricorda: "la giornata organizzata come sempre: i ragazzi a scuola, due dei più grandi con don Ezio a Sesto. 'Arrivavano dalla Romagna dei carichi di patate e andavamo con un carretto a fare un po' di provvista. Uno dei ragazzini piccoli rimase a casa perché si sentiva male, insieme a Tezze e alle due suore addette al servizio'. L'allarme suonò prima delle undici. Tezze andò a prendere i ragazzi a scuola e si incamminò con loro verso casa, lungo via XX settembre. E' difficile ricostruire la meccanica della tragedia. Una squadriglia di aerei volava a bassa quota; c'è chi dice che avessero avuto segnalazione del levarsi in volo di caccia tedeschi e che si alleggerirono del carico di bombe rimaste, senza uno scopo preciso... I ragazzi erano già di fronte al cancellone della fabbrica. Perché si diressero verso via delle Porcellane anzichè in senso opposto, o verso il rifugio della fabbrica? E' difficile dire a quale istintiva reazione si obbedisca in istanti di panico come quelli. Fatto sta che quattro o cinque bombe caddero tra il muro perimetrale della Vecchia Doccia ed il parco della villa Gerini lungo la strada. Erano le 11,20 (...). il corpo di Tezze apparve subito come sezionato, con una larga ferita alla fronte: teneva la mano di Alduccio Coletti, il più piccino, ed un altro gli era avvinghiato addosso. Una suora, semisvestita dallo spostamento d'aria, era rincantucciata sotto un albero come inebetita, l'altro ragazzo rimasto in casa, terrorizzato, cercava di mettersi i pantaloni senza riuscirci. 'Dei 23 ragazzi che erano con Tezze solo Ragionieri Marcello e Toccafondi Luciano erano vivi: Ragionieri aveva una scheggia nell'intestino e morì poco dopo di peritonite; Toccafondi, con il corpo semiaperto dalle schegge, fece in tempo a dirmi - Padre, ho sete - e mi morì in braccio' (...). Era rimasto il bambino malato e Dino che si era fermato ad allacciarsi una scarpa; e un terzo momentaneamente a casa, e i due più grandi che erano andati con Don Ezio a Sesto: 23 su 28, più il chierico Tiezze, morirono tutti insieme (...). Il comando tedesco chiuse la strada bloccando praticamente l'accesso e per quattro giorni i pompieri della Richard-Ginori frugarono dappertutto alla ricerca dei bambini. Resti di vestiti, addirittura brandelli di carne furono trovati a duecento metri di distanza... Di tre bambini non fu trovato niente. Anche il riconoscimento di quei pochi resti dilaniati, fu di una pena estrema. 'Bellò Oscar fu solo riconosciuto al quarto giorno dal suo fratello maggiore che riuscimmo a rintracciare. La madre di questi due bambini era in sanatorio a Venezia ed aveva proprio in quei giorni ottenuto il trasferimento a Careggi per star vicina ai ragazzi. Arrivò a Firenze il giorno del funerale, senza essere stata preavvertita'. Così cinque giorni dopo, quanti ne occorsero per recuperare i resti dei bambini, tutta Colonnata partecipò ai funerali delle 24 vittime. Una fotografia del tempo mostra la chiesa con le bare - 24 allineate, quattro per quattro - che potremmo definire la fotografia più impressionante nella storia del paese".

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